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|Autore: Rino Scoppio|
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L’OCSE ha pubblicato l’edizione 2016 del rapporto «Education at glance».
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Il documento analizza i sistemi educativi di 35 paesi nel mondo.
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Si tratta di dati del 2014 e, dunque, per quel che riguarda il livello di spesa, i numeri non considerano gli investimenti messi in campo con la «Buona scuola».
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Secondo i dati, tra il 2008 e il 2013 l’Italia ha tagliato la spesa pubblica per le istituzioni scolastiche del 14%.
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Nel 2013 il nostro Paese ha stanziato solo il 7% della spesa pubblica complessiva per l’insieme dei cicli d’istruzione – contro l’11% della media Ocse.
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La spesa annua dell’Italia per l’istruzione dalla scuola primaria all’istruzione universitaria nel 2013 è stata in media di 9.238 dollari per studente, inferiore di oltre 1.200 dollari alla media Ocse.
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In ogni caso, spiega il rapporto, la gran parte della spesa per l’istruzione in Italia resta finanziata da fonti pubbliche (il 96%, 5 punti più della media Ocse).
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Il corpo insegnante italiano è il più anziano rispetto a quello di tutti i Paesi Ocse e registra una delle quote più basse di docenti di sesso maschile.
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Sei/sette prof su dieci sono ultracinquantenni (58% nella scuola primaria, 59% nelle medie e 69% nelle superiori).
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Otto su dieci sono di sesso femminile.
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Nel rapporto Ocse si dà tuttavia atto al governo italiano di aver varato un piano di assunzioni che potrebbe “ringiovanire” il corpo insegnante del Paese.
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Lo squilibrio di genere è molto meno spiccato a livello dirigenziale.
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Sul fronte delle retribuzioni, l’Ocse indica poi che dal 2010 al 2014 i salari degli insegnanti sono diminuiti del 7% in termini reali sia nella scuola primaria che in quella secondaria.
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Nel 2014 un insegnante italiano poteva contare su un salario di 32.995 dollari.
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I prof più “ricchi” sono quelli del Lussemburgo con 108mila dollari, ma ben sopra la media risultano anche i quasi 64mila dollari dei tedeschi.
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Il tasso di ingresso dei giovani italiani nei corsi di laurea triennale, dice il rapporto, non supera il 37%, contro una media Ocse del 59 per cento.
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Sugli studi universitari pesa anche il nodo del diritto allo studio, che secondo l’Ocse è lungi dal garantire l’equità.
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Infatti circa l’80% degli iscritti a corsi di primo e secondo livello non riceve alcun aiuto finanziario per le tasse d’iscrizione.
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I dati Ocse dicono che in Italia oltre un terzo dei giovani tra i 20 e i 24 anni di età non lavora e non studia e tra il 2005 e il 2015 la loro percentuale è aumentata di 10 punti, molto più che negli altri paesi.
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Unica nota positiva sul fronte dell’occupazione è quella di chi ha frequentato un istituto tecnico o professionale.
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In Italia i giovani con questo titolo di studio vantano un tasso di disoccupazione inferiore rispetto agli altri paesi.
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Per scaricare il rapporto completo dell’OCSE, clicca QUI
Per scaricare il capitolo del rapporto dedicato all’Italia, clicca QUI
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