È online la nuova ricerca Adecco Work Trends Study che indaga su social recruiting, digital reputation e, per la prima volta, smart working.
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Condotta a livello internazionale su 26 Paesi nel mondo, in Italia ha raccolto le risposte di 2.742 candidati e 143 recruiter.
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Nel 2015 infatti, il 64% delle attività di recruiting è stato attuato dai selezionatori online, dato in crescita rispetto al 2014 (era infatti al 44,8%) e si prevede arrivi al 71% nel 2016.
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LinkedIn si conferma quale piattaforma maggiormente adoperata, rispetto a Facebook, per la maggior parte della attività svolte da chi è alla ricerca di un’occupazione.
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Quanto conta la reputazione digitale quando si tratta di cercare lavoro?
E quanto la reputazione online di un’azienda interessa ai candidati in cerca di occupazione?
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Pur mostrando una certa attenzione a ciò che un’azienda mostra di sé online la stragrande maggioranza dei candidati non si cura di inserire nel proprio CV i link di rimando ai propri profili social o al proprio blog.
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Segnale, questo, che non è ancora entrato nell’abitudine collettiva il considerare identità online e offline come un tutt’uno complementare.
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Il 41% dei selezionatori intervistati dichiara di aver sottoposto ai candidati in sede di colloquio domande sulla loro presenza online.
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Nel 35% ha addirittura escluso alcuni profili dopo aver verificato la loro presenza sui social.
Al primo posto tra le ragioni che hanno spinto i recruiter a respingere candidature ci sono la pubblicazione di foto improprie (20% dei casi), informazioni non
coerenti con il CV (18,2% dei casi) e l’evidenza di caratteristiche della personalità non adatte alla posizione di lavoro aperta (16%).
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Dall’analisi emerge che c’è una scarsa informazione sul fenomeno e sulle possibilità dello smartworking.
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Ma di fronte ad una domanda specifica, più della metà si dichiarano disponibili.
Per scaricare la ricerca di Adecco, clicca QUI
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